Di Daniele Morbio | Queen Atletica
Quanto conta la figura del Mental Coach nello sport? Tanto, tantissimo. Lo abbiamo imparato certamente con Marcell Jacobs e con Alessandro Sibilio alle ultime Olimpiadi, ma per capire meglio i dettagli del ruolo abbiamo contattato Alessandra Mattioni, mental coach di diversi azzurri olimpici come Fabbri, Sibilio, Fontana, Scotti… Ecco le sue parole in esclusiva a QA
1) Grazie della disponibilità Alessandra. Sappiamo che è la mental coach di tanti azzurri della nostra Atletica, ma prima di addentrarci nei dettagli dei singoli atleti ci racconta del suo percorso formativo e di studi per arrivare a questo livello?
Sono Wingwave Coach, tecnica di coaching certificata ISO e TUV-NORD; una delle tecniche maggiormente connessa alla ricerca scientifica. Inoltre, sono la direttrice responsabile del percorso Sport Mental Coaching del Centro Italiano WingWave.
2) Mental Coach e sport, un binomio che sembra stia diventando imprescindibile se si vuole arrivare ad altissimi livelli. Che compito avete e quanto è importante la vostra figura nello sport?
Finalmente il mondo dello Sport ha scoperto la connessione tra prestazioni, mente ed emozioni. Del resto quello che da molti è definito il papà dell’allenamento mentale ha creato una vera e propria formula che definisce la prestazione e cioè:
PRESTAZIONE = PREPARAZIONE – INTERFERENZE
Per interferenze si intendono tutte le variabili esterne ed interne all’atleta non direttamente riferibili alla sua preparazione fisica e sportiva. Ad esempio la partecipazione ad una gara importante, dove ci si confronta con avversari Top a livello mondiale, porta con sé tensioni, preoccupazioni, “ansia di prestazione”, gestione delle aspettative di coloro che ruotano intorno all’atleta, ecc.; sono tutte interferenze che generano una iper-attivazione del sistema corpo-mente che può portare al “sequestro emozionale”, vale a dire ad un livello di attivazione in cui l’emozione diventa così elevata da interferire con una serie di processi fisici, fino ad alterare le “memorie evocative” (cioè la corretta riproduzione del gesto tecnico benché sia stato fatto innumerevoli volte, magari in modo eccellente) e, a livello fisico, le catene cinetiche muscolari. Si badi bene: NON E’ UNA QUESTIONE DI VOLONTA’ O MOTIVAZIONE!
Ora, è facile comprendere che avere degli strumenti e delle strategie utili a riorganizzare questi processi biochimici, mentali ed emozionali, diviene essenziale e determinante per evitare di sprecare in un attimo anni di impegno e sacrifici. L’atleta ha bisogno del supporto di un Mental Coach qualificato ed efficace, ed il mondo dello sport l’ha finalmente compreso.
3) Che differenza c’è tra il seguire un atleta che pratica uno sport prettamente individuale come atletica ed uno di squadra come ad esempio il volley? Come cambia l’approccio?
Sono due lavori diversi: nello sport individuale il lavoro del Mental Coach è focalizza prettamente sull’atleta e sulle “interferenze” personali. Negli sport di squadra occorre tener presente che la prestazione è fortemente condizionata anche dalla qualità delle relazioni fra gli atleti.
Faccio un esempio. Abbiamo visto che in prossimità di una gara importante l’atleta può venire “sovrastato” dalle emozioni. Ora, l’atleta di sport individuale non deve gestire le interferenze che derivano dalle dinamiche di gruppo e dalla preoccupazione che l’allenatore possa preferire un sostituto. Di contro, negli sport di squadra, la possibilità di condividere la pressione ed il sostegno dei compagni nei momenti di “smarrimento” sono senz’altro di aiuto. Tuttavia, in entrambi i casi, l’elemento chiave la gestione del “gioco interiore” dell’atleta rappresenta la differenza tra il successo ed il fallimento. E questo è il lavoro del Mental Coach.
4) Tanti atleti azzurri sono seguiti da lei, tra cui Sibilio, Scotti, Fontana, Sottile, Fabbri, Dosso. Su cosa sta lavorando con ognuno di loro, che difficoltà ha incontrato e a che punto è il percorso di crescita e maturazione di questi giovani ragazzi promettenti?
Cominciamo col dire che sono tutti atleti molto giovani e dalle grandi potenzialità. Ora sono in un percorso di crescita che si va perfezionando in vista dell’edizione Olimpica di Parigi 2024. Pertanto, al di là dei fondamentali aspetti tecnici e fisici, per i quali sono all’opera altre qualificate professionalità, con ognuno di loro stiamo lavorando sull’acquisire maggiore consapevolezza delle proprie strategie mentali ed emozionali, allenando ed implementando quelle funzionali al risultato e depotenziando quelle che ostacolano la piena espressione del loro potenziale. Ciascuno di loro dovrà avere a disposizione un “mindset vincente” ed equilibrio, oltre che accrescere la capacità di Focus attentivo e di gestione delle interferenze esterne a cui sono quotidianamente esposti. L’aver già vissuto l’esperienza Olimpica è una solida base su cui costruire le prestazioni future.
5) In particolare Leo Fabbri ha vissuto una stagione tremenda tra covid, risultati altalenanti, critiche…. quanto è stato difficile far tenere il focus ad un grande atleta come lui?
Con Leo abbiamo dovuto gestire una serie di difficoltà, in grandissima parte collegate con la sua positività al Covid emersa in Sudafrica, alla quale potrebbero essere collegate delle manifestazioni che gli esperti chiamano “nebbia cognitiva” e “sindrome disesecutiva”. In alcuni momenti è stato davvero difficile per lui mantenere “la giusta attivazione” per l’intera durata della gara e, talvolta, anche eseguire con fluidità il gesto atletico. Ma Leo si è dimostrato un combattente, mentalmente forte e molto determinato nella volontà di trarre comunque il meglio da una stagione così difficile. Il suo impegno è stato premiato con la realizzazione di uno splendido risultato al Golden Gala nella sua Firenze e con l’agognata partecipazione alle Olimpiadi. Altri atleti al posto suo si sarebbero arresi. Invece il lavoro realizzato in costante sinergia con il suo Tecnico, Paolo Dal Soglio, gli ha permesso di continuare nel processo di crescita, trasformando una condizione obiettivamente limitante in una sfida da cui trarre il meglio. Non dimentichiamo che anche Leo è un giovane atleta e che deve ancora raggiungere la piena maturità fisica. Sentiremo sempre più parlare di lui: il percorso verso Parigi 2024 è tracciato!
6) Sibilio la ha ringraziata apertamente dopo le Olimpiadi, ci può spiegare come è riuscita a sbloccare il campano?
Alessandro, è un atleta talentuoso, forte e determinato solo che la posta in gioco era veramente alta e, come tutti gli esseri umani, l’attivazione della vigilia stava per prendere il sopravvento, trasformandosi in una emozione da lui definita “sconforto”. Facendo degli esercizi di “gestione emozionale”, di wingwave e di respirazione siamo riusciti a trasformare quel momento in grinta agonistica. Mi perdoni se lo ripeto ma è veramente importante: ogni atleta, deve essere perfettamente consapevole del proprio “gioco interiore”, ciò di quella parte della gara che si svolge nella sua testa, la quale è altrettanto importante di quella che si esprime con il corpo sul campo di gara. Quindi è di estrema importanza che l’atleta acquisisca tale consapevolezza, per poi allenare le proprie strategie mentali ed emozionali di maggiore efficacia. Su questo si determina il potere e l’efficacia dell’allenamento mentale.
7) Stiamo vivendo un periodo complicato tra pandemia, lock-down, restrizioni…. quanto è stato duro per gli atleti questo momento e quanto è stato complicato tenere il focus considerando anche i rinvii delle varie manifestazioni? Su cosa si è lavorato principalmente per tenerli concentrati e positivi?
Quello che stiamo vivendo è momento storico particolarmente sfidante: riuscire a restare “centrati” su se stessi e mantenere il Focus sui propri obiettivi ha rappresentato già di per sé una grande vittoria. Basti pensare ai grandi campioni che hanno addirittura rinunciato alla partecipazione alle Olimpiadi o che hanno avuto prestazioni molto al disotto delle aspettative. A volte ci si dimentica che gli atleti sono degli esseri “umani” e basti girare uno switch perché passino in modalità gara. In questi mesi hanno dovuto cambiare orari e modalità di allenamento, sottoporsi a continui tamponi e gestire la preoccupazione di rimanere contagiati, vanificando tanti sacrifici. Per tenerli “sul pezzo” è stato necessario fare ricorso a strumenti e tecniche estrapolati da varie discipline basate sulle più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze applicate allo Sport, come: Programmazione Neurolinguistica, Respirazione Consapevole, Mindfulness, Neurobica, Brain Gym, Coerenza Cardiaca, Alimentazione per la mente ed, in ultimo, la mia preferita il WingWave, una tecnica precisa e misurabile, direi quasi chirurgica.